Le elezioni in Germania dello scorso 26 settembre hanno rappresentato un passaggio di
cruciale importanza sia per la nazione tedesca, sia per l’intera Europa. L’economia
mondiale, infatti, nell’era moderna vede tra gli attori economici principali proprio la
Germania che ha sempre avuto un’impronta leaderistica nel continente europeo. Per di
più, secondo quanto riportato dalla World Trade Organization, l’economia mondiale e la
globalizzazione sono imperniate su tre macroaree così suddivise: l’area americana guidata
dagli Stati uniti, l’area asiatica guidata dalla Cina e l’area europea dove proprio la
Germania risulta essere il principale attore economico. È stato possibile raggiungere tale
rilevanza a livello internazionale soprattutto grazie al ruolo di Angela Merkel, cancelliera
uscente della Germania, dopo un mandato durato ben sedici anni. Nello stesso arco di
tempo, si sono avvicendati quattro presidenti degli Stati Uniti, tre presidenti della
Commissione Ue e una moltitudine di primi ministri del nostro paese. Questa stabilità dal
punto di vista politico ha garantito una costante crescita economica al paese. Al di là delle
preferenze politiche bisogna riconoscere il merito di Angela Merkel nell’aver fronteggiato
periodi di grande difficoltà durante tutto il suo mandato, come ad esempio l’eurocrisi, le
tensioni in Ucraina e in Russia, la crisi migratoria e non da ultima la pandemia.
In questo contesto, ci si sarebbe aspettati una vittoria della CDU, partito di appartenenza
della Merkel, alle elezioni del 26 settembre, vittoria che invece è stata disattesa in favore
del partito socialdemocratico SPD guidato da Olaf Scholz, vicecancelliere della Germania
e Ministro delle Finanze dal 2018. La ragioni della sconfitta della CDU sono molteplici;
secondo alcuni, potrebbero affondare le proprie radici proprio nell’approccio politico
adottato dalla Merkel negli ultimi anni. La cancelliera, infatti, è stata accusata di aver
snaturato l’identità della CDU, avendo adottato, durante tutto l’arco del suo mandato, delle
misure anche piuttosto lontane dall’ideologia del proprio partito di provenienza,
avvicinandosi invece alle idee della sinistra rappresentata dai verdi (Grüne) e dai
socialdemocratici dell’SPD.

Il possibile futuro cancelliere Scholz, secondo quanto stimato dagli analisti dopo i risultati
delle urne, molto probabilmente provvederà a creare una coalizione con i verdi e l’FDP[1] . Il
partito dei socialdemocratici ha registrato un notevole incremento rispetto alla precedente
composizione del Bundestag di quattro anni fa, con un aumento di oltre cinque punti
percentuali. Al contrario, l’unione democristiana CDU, in alleanza con il partito bavarese
CSU, ha registrato il numero di consensi più basso della storia del partito con il 24% dei
voti. L’ascesa dei verdi alla terza posizione sul podio merita una particolare attenzione.
Una buona parte della sinistra, infatti, sta riconoscendo l’importanza sempre crescente
delle tematiche che i verdi hanno sempre portato in cima ai loro programmi. Questo,
anche grazie ad una maggiore diffusione di coscienza civica in materia, grazie a
movimenti molto popolari come il “Fridays for future”, che hanno permesso ai verdi e ai
partiti che supportano questi ideali di ottenere dei risultati sempre più soddisfacenti. Le
ultime elezioni tedesche ne sono un esempio lampante se consideriamo che quello che
era un partito “di nicchia” ha registrato quasi il 15% delle preferenze. Quattro anni fa, il
partito dei verdi si attestava poco al di sotto della soglia del 9%. Il grafico sottostante
riporta la variazione in termini percentuali del numero di preferenze registrate rispetto alle
ultime elezioni del 2017.

Tuttavia, le coalizioni ancora non sono state ufficializzate e bisogna ricordare che,
nonostante le preferenze raccolte dalla CDU/CSU siano state nettamente inferiori al
passato, rappresentano comunque una buona parte dell’elettorato e, stando a quanto
riportato dal leader dei democristiani Lasche: “verrà fatto tutto il possibile per garantire
continuità al paese e si cercherà una via per creare delle coalizioni che coinvolgano la
CDU. La composizione del nuovo Bundestag, dunque, dipenderà dai piccoli partiti come i
verdi e l’FDP e dalle loro preferenze nello scegliere una coalizione o l’altra. È importante
ricordare che le elezioni del 26 settembre hanno rappresentato un unicum nella storia
tedesca, poiché per la prima volta il cancelliere uscente non risultava tra i possibili
candidati e questo ha permesso che ci fossero le basi per una delle elezioni tra le più
imprevedibili della storia tedesca. Questo perché è tornata sul mercato elettorale la
maggior parte degli elettori della CDU, che vedevano proprio nella figura di Angela Merkel
un motivo sufficientemente valido per devolvere il proprio voto ai democristiani.
Quest’ultima ragione, infatti, viene considerata come una delle possibili spiegazioni del
crollo dei consensi del gruppo CDU/CSU.
Tom Nuttall, capo del bureau di Berlino per il giornale The Economist, ha recentemente
pubblicato un video nel quale fornisce una lettura innovativa e molto brillante della situazione tedesca.
Secondo Nuttall, infatti, è possibile prevedere quali saranno le grandi
sfide che il nuovo cancelliere tedesco dovrà affrontare guardando alla più grande industria
del paese: l’automotive. L’industria automobilistica tedesca, infatti, potrebbe rappresentare
un valido indicatore delle questioni che dovranno essere affrontate a livello macroscopico
da un punto di vista strettamente politico. Le grandi sfide sono principalmente due: la crisi
climatica, con il conseguente impatto disruptive per l’industria automobilistica che occupa
un numero molto consistente di cittadini tedeschi, e la perdita di rilevanza a livello
internazionale delle grandi aziende tedesche.
Innanzitutto, se guardiamo alla politica internazionale, è evidente che il cambiamento
climatico sia diventato una questione di primaria importanza; la transizione alla mobilità
elettrica e la creazione di un’infrastruttura di ricarica stanno richiedendo sforzi
considerevoli. Come si comporterà la Germania in merito? Secondo Nuttall la chiave
potrebbe essere proprio quella di investire in maniera consistente nella ricerca e sviluppo
di aziende che producono batterie e sistemi di ricarica. Bisogna convertire e reindirizzare
verso l’elettrico una buona parte della manifattura che fino ad ora si è occupata della
produzione dei motori a combustione. Questo comporterebbe anche uno svecchiamento
dei sistemi produttivi che potrebbero andare verso un approccio sempre più incline alla
digitalizzazione. L’altra sfida che la Germania dovrà affrontare riguarda la perdita di
rilevanza delle proprie aziende nel panorama internazionale. Basti pensare che nel 2000
ben 7 delle aziende più di valore al mondo erano tedesche, mentre ad oggi soltanto 3
sono tedesche e si è registrata un’inversione di tendenza a favore della Cina.
Quel che è certo è che la Germania, leader del vecchio continente, sta affrontando un
periodo di transizione di cruciale importanza. In quanto europei non rimane che augurarci
che il prossimo cancelliere tedesco, che verrà nominato una volta trovata una solida
coalizione tra i partiti, possa cogliere i segnali sulle sfide globali da affrontare, segnali che
però potrebbero arrivare non soltanto dagli altri paesi ma che potrebbero anche essere
interpretati analizzando a livello microscopico quanto accade in alcuni comparti produttivi
del paese.
A cura di Gabriele Rossi
[1] Liberal free democrats
Fonti:
https://www.ft.com/content/1eab7e3a-8365-4f6a-ad59-5a83c3bdf891
https://www.economist.com/leaders/2021/09/25/the-mess-merkel-leaves-behind