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Banche centrali e criptovalute: contrasti per la supremazia e il controllo dei mercati finanziari

Banche centrali e criptovalute: contrasti per la supremazia e il controllo dei mercati finanziari

“Le criptovalute non sono delle vere e proprie monete, ma possono essere identificate come asset. Un euro è sempre un euro; lo era ieri, lo è oggi e lo sarà domani, e dietro l’euro ci sono autorità come la BCE. Chi c’è dietro le criptovalute?”.  Così l’attuale Presidente del Consiglio, Mario Draghi, rispose nel 2019 in una conferenza alla domanda di uno studente che chiedeva un parere sulle criptovalute all’allora presidente della Banca Centrale Europea. “Sono degli asset estremamente rischiosi, il cui valore oscilla selvaggiamente. Tuttavia, allo stato attuale, non rappresentano una minaccia o un’opportunità sufficientemente significativa a tal punto da poter avere qualche forma di influenza sulla nostra economia. Tendiamo a considerarli come asset speculativi, caratterizzati da elevato rischio, che non rientrano nelle aree di competenza delle banche centrali in termini di monitoraggio e regolamentazione. Il ruolo delle banche centrali, in materia, riguarda piuttosto la tutela dei consumatori; dobbiamo fare in modo che i consumatori sappiano cosa stanno acquistando e che siano consapevoli della rischiosità dell’operazione che stanno intraprendendo”. Per quantificare la rischiosità di queste realtà economiche basta considerare quanto è successo al prezzo del Bitcoin che è sceso sotto i trentamila dollari martedì 22 giugno per la prima volta da gennaio, ma in seguito ha subito un forte rialzo; ricordiamo che ad aprile si aggirava intorno ai 63mila dollari.

Ad oggi, dopo una pandemia che ha suscitato grande incertezza nei mercati e che ha sovvertito in alcuni casi le classiche forme di investimento, un numero sempre crescente di consumatori si è affacciato al mondo delle criptovalute. Le banche centrali non hanno nascosto la loro preoccupazione sulla crescente importanza delle criptovalute nel sistema economico e spesso si sono esposte in maniera molto critica in materia, sostenendo che questo tipo di valute abbiano “poche caratteristiche a loro favore” e siano “deliberatamente contro il bene della collettività”.

L’organismo globale per le banche centrali (Bank for International Settlements), in un report pubblicato recentemente[1], ha respinto perfino le “stablecoins” che rappresentano una sorta di anello di congiunzione tra le criptovalute e gli asset tradizionali e più convenzionali del nostro sistema economico, definendole come un’appendice poco rilevante e poco significativa della moneta tradizionale.

Il report pubblicato dalla BIS rappresenta un chiaro segnale dell’intenzione delle banche centrali di contrastare con tutti i mezzi di cui dispongono un’eventuale rilevanza che le criptovalute potrebbero assumere in futuro nel sistema economico. Già questo è stato sufficiente per mettere sotto pressione e contenere i prezzi delle criptovalute, essendo riusciti a intimorire gli investitori riguardo l’effetto che potrebbe avere sul prezzo di queste ultime una maggiore regolamentazione da parte delle banche centrali. All’inizio del mese di giugno, il Comitato di Basilea ha impartito delle direttive più severe in materia di detenzione di assets digitali. Nel report citato in precedenza, la BIS ha affermato che le banche centrali rappresentano un punto nevralgico nella rapida trasformazione che sta interessando il settore finanziario e che sta rivoluzionando i sistemi di pagamento e questo non esclude l’interesse verso delle ipotetiche valute digitali, a condizione che siano emesse dalle banche centrali.


Queste ultime, infatti, potrebbero rappresentare uno strumento per ottenere una maggiore inclusione finanziaria e per ridurre gli elevati costi dei pagamenti; potrebbero costituire una valida opportunità per offrire in forma digitale i vantaggi connessi alla moneta tradizionalmente emessa da una banca centrale che vengono identificati da principi di sicura regolamentazione e integrità. Queste monete digitali andrebbero ad essere progettate tenendo come principio cardine l’interesse pubblico, che invece sembra essere trascurato, oltre che tradito, dalle criptovalute che attualmente sono in circolazione.

Fabio Panetta, direttore della high level task force istituita dalla BCE che si occupa dello studio dell’euro digitale, ha dichiarato al Financial Times che la creazione dell’euro digitale risulta essere di primaria importanza per contrastare la diffusione delle altre monete digitali create da altre nazioni o da realtà aziendali.

In molte nazioni, tra cui la Cina, le banche centrali hanno già iniziato una vera e propria guerra contro le criptovalute, la cui entità e popolarità preoccupa le autorità in merito ad una eventuale perdita di controllo del sistema finanziario.

Dunque, la prospettiva fino ad ora delineata sembra identificare le criptovalute come beni speculativi che favoriscono in alcuni casi attività illegali, come l’evasione fiscale o il riciclaggio di denaro. Le stesse stablecoin, che sono delle criptovalute ancorate ad altri asset, sono state prese di mira dall’autorità finanziaria che sostiene “che esse tentino di importare credibilità essendo supportate da valute reali, ma che in realtà frammentino i sistemi finanziari e introducano nuove difficoltà.

La BIS ha anche criticato le società tecnologiche che scelgono di essere coinvolte nel settore dei pagamenti, ritenendo che alcune di esse potrebbero assumere una posizione dominante eccessiva per il mercato di riferimento, grazie alla grande quantità di dati in loro possesso. Questo potrebbe comportare costi eccessivamente elevati per il trasferimento di denaro. Quando le grandi aziende tecnologiche entrano nel mercato dei pagamenti, il loro accesso ai dati relativi agli utenti delle linee di business digitali associate potrebbe consentire loro di raggiungere una posizione dominante che comporterebbe conseguenze negative anche per i consumatori stessi, ad esempio tramite l’applicazione di commissioni superiori a quelle addebitate attualmente dalle società di carte di credito e debito.

I principali esponenti del settore delle criptovalute e gli esperti di diritto in materia stanno esaminando con molta attenzione la controversia sorta tra l’ente regolatore tedesco BaFin e la piattaforma di scambio di criptovalute Binance. Quest’ultima, essendo una delle più grandi società al mondo che si occupano di criptovalute, ha chiesto al BaFin di ritirare l’accusa che con la nuova offerta di “token”, pensati per imitare i più classici pacchetti azionari statunitensi, si sarebbe potuta infrangere la legge. Tuttavia, il Bafin ha prontamente rigettato la richiesta.

Recentemente Gary Gensler, presidente dell’Exchange Commission negli Stati Uniti, ha dichiarato a un’udienza al Campidoglio che il mercato dei cryptoasset si aggira attorno ai due trilioni di dollari e sarebbe opportuno cominciare a studiare delle forme di regolamentazione di questi mercati che coinvolgono in maniera preponderante un numero sempre maggiore di consumatori, al fine di garantire una maggiore tutela degli investitori. Secondo Gensler “in questo momento non esiste alcun quadro normativo, né presso la SEC né presso la Commodity Futures Trading Commission, e non esiste neppure un regolatore di mercato che si occupi delle criptovalute o degli asset digitali; quindi, non esiste nessuna forma di protezione o di tutela da frodi e manipolazioni del sistema”. Il vero problema che individua Gensler risiede proprio nella natura delle criptovalute che, in base a come sono strutturati i nostri sistemi giuridici, non vengono identificate né come una merce né come delle vere e proprie valute.

La decisione che ha spinto il BaFin ad agire deriva dall’offerta, da parte di Binance, di token in azioni come Tesla senza allegare la consueta documentazione prevista per le offerte di titoli. Tuttavia, Binance non è indietreggiata e ha continuato ad offrire i token indisturbata.

Il lasso di tempo a disposizione dei responsabili politici per agire potrebbe essere breve. Gli investitori istituzionali stanno diventando sempre più interessati ai guadagni offerti dalle criptovalute e le banche sono sempre più a loro agio nel trattare le risorse digitali; inoltre, le società di cripto valute sono in grado di realizzare profitti molto elevati essendo più agili nella loro operatività non dovendo scontrarsi con tutti gli ostacoli normativi tradizionali. Possono servire mesi alla borsa di New York o al CME group per ottenere le autorizzazioni per alcuni nuovi prodotti, mentre il FTX, che rappresenta l’exchange di criptovalute di Hong Kong, affermato che sono state necessarie soltanto poche ore per impostare dei contratti commerciali che imitassero i futures statunitensi.

L’interesse delle banche centrali e delle altre autorità di regolamentazione del sistema economico per il mondo delle criptovalute scaturisce anche dal fatto che l’aumento dei prezzi di queste ultime genera anche un incremento nel volume di vendita di altri prodotti finanziari, andando così ad impattare in maniera preponderante nel tradizionale sistema economico.

Dunque, i rapporti tra le istituzioni e gli emittenti di criptovalute sembrano essere estremamente tesi e probabilmente nel prossimo futuro ci potremo aspettare delle controversie sempre più accese in materia. La vera chiave di volta, però, potrebbe essere più vicina di quanto si possa pensare. Sia la Cina che l’Europa sembrano intenzionate ad adottare e a diffondere una propria moneta digitale, emessa dalle banche centrali. Molti economisti ritengono che la creazione di valute digitali emesse ufficialmente dagli stati centrali o da unità sovranazionali, come quella europea, segnerebbe la fine dell’era delle criptovalute per come le abbiamo conosciute fino ad ora. Gli Stati Uniti sembrano essere anch’essi sulla strada della creazione del dollaro digitale, che tuttavia risulta essere ancora una lontana ipotesi vista la grande diffusione a livello globale del dollaro, la cui transizione ad una versione digitale potrebbe avere un impatto molto forte, oltre che imprevedibile, sull’economia mondiale.

A cura di Gabriele Rossi

[1] BIS working papers, n. 905: “Stablecoins: risks, potential and regulation”

FONTI:

https://www.youtube.com/watch?v=wztu8yyCPZQ https://www.ft.com/content/b6a3bf06-ad6b-4ab4-9ae3-15aca453f50d 

https://www.ft.com/content/b6a3bf06-ad6b-4ab4-9ae3-15aca453f50d

https://www.ft.com/content/98f6caf9-f8f9-47de-9cf9-4c2f1aa981aa

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